#Test AUDI R8: LA SIGNORA DEGLI ANELLI

L’Audi R8 è giunta alla sua seconda generazione. La prima fu presentata nel 2007 e nel corso degli otto anni di vita ha venduto 27.000 esemplari. 
Non avrà la storia di certe supercar blasonate, ma è senza dubbio un’auto in cui la storia del marchio Audi c’è tutta, fin dal primo giorno della sua fondazione.
August Horoch, nel 1899 fondò una casa automobilistica chiamandola con il suo cognome. Per una serie di vicissitudini societarie ne fu estromesso e si trovò a dover creare una nuova azienda. 
Nel luglio del 1909, Horoch, dovette pensare a un nuovo nome, visto che il suo era vincolato al  marchio già registrato in precedenza.
Il nipote di August, un seminarista, risolse la questione suggerendo di chiamare la nuova casa automobilistica con la traduzione in latino di Horoch, che in tedesco significa “ascolta”.
Audi deriva quindi dal latino “audire”, ascoltare.
Nasceva così a Ingolstadt, in Sassonia, la Audi-Werke, la casa automobilistica destinata ad ascoltare i richiami di eccellenza, innovazione e tecnologia.
La nuova Audi R8 è nata proprio per questo, per essere guidata e ascoltata.
“Progettata per la pista, sviluppata per la strada”. Così recita la frase con cui viene presentata. Sarà davvero così? L’unione perfetta tra la velocità della pista e il traffico (e le buche) della strada? 
Appena giunto da Bonaldi realizzo subito che la versione della prova non è la R8 “base”, quella con motore 5.2 FSI da 540 cavalli. E’ la versione Plus, il cui motore eroga 610 cavalli, ha la trazione Quattro, i freni sono carboceramici Brembo e ha una serie di appendici aerodinamiche, spicca su tutte l’ala appoggiata sul posteriore, in carbonio.
Linee tese e più aggressive rispetto al modello precedente, fari LMX con abbaglianti laser (optional unico al mondo su una vettura stradale, che illuminano fino a 600m di distanza), inserto Side Blade in carbonio sulla fiancata, che, nella versione precedente era un pezzo unico, mentre ora è spezzato dando più slancio. Spalle larghe al posteriore e il motore V10 in bella vista.
Bene. Sarà l’auto più potente da me provata finora.
Mi accomodo nell’abitacolo, anzi, mi ci sdraio, con estrema facilità. Regolazioni elettriche, ad eccezione della profondità del sedile, che resta manuale, e dello schienale (monta i sedili alleggeriti in pelle totale che fanno risparmiare 14kg di peso). C’è anche parecchio spazio dietro i sedili per appoggiare giacche, borse e via dicendo.
Tempo di mettere in moto.
In un abitacolo in cui domina il nero, c’è solo un tasto colorato di rosso, uno dei quattro piccoli satelliti al volante. E’ quello dell’accensione che sembra dire “premimi”.

Start. Il Virtual Cockpit, lo schermo LCD dietro al volante prende vita, insieme al motore che sta alle mie spalle con un sound che ti fa subito provare un brivido.
Si parte. Dai satelliti premendo il tasto Drive Select è possibile scegliere la modalità di guida tra tre programmi: Comfort, Auto, Dynamic. Scelgo Dynamic.

Audi Bonaldi si trova a un paio di chilometri dall’uscita dell’autostrada di Bergamo, nei pressi della Circonvallazione, una grande rotatoria in cui confluiscono le arterie principali della viabilità bergamasca. E’ una tarda mattinata e c’è il sole dopo diversi giorni di pioggia. Il traffico è intenso e quindi ideale per testare se l’R8 è un’auto, non solo sviluppata per la strada, ma per un uso quotidiano. 
L’arrivo alla Circonvallazione è su tre corsie e io sono sulla più esterna. Rimango stupito da quanto la visibilità da tutti i lati sia eccellente, anche con un camioncino accanto che mi fa ombra.
Giù l’acceleratore e via. Sembra la stia guidando da centinaia di chilometri. E’ un’auto che dà subito confidenza e fa di tutto per metterti a tuo agio. Sguscio nella corsia interna della rotonda circondato da automobilisti, distratti dall’R8 e in questo caso, anche gli specchietti di grandi dimensioni e incernierati sulle porte, danno un bell’aiuto quando è tempo di prendere la quarta uscita, in direzione Valle Seriana.
Per i primi chilometri in uscita dalla città, con tanto di due velox e pattuglie, alcuni semafori e rotonde, ho l’occasione di guardarmi intorno. L’ambiente interno si può descrivere solo con un aggettivo: spaziale. 
Altissima qualità, accoppiamenti dei materiali ineccepibili, design minimalista con i comandi del clima sospesi che sembrano, anzi sono, un’opera d’arte. 
Il design si fonde con la tecnologia del Virtual Cockpit creando un ambiente in cui il guidatore è al centro.
La posizione di guida è perfetta, il volante ha il diametro giusto e sopratutto non copre mai la visuale del cruscotto digitale che sulla R8 è di serie, mentre sugli altri modelli Audi è un optional, ormai irrinunciabile, perché a confronto del Virtual Cockpit, il vecchio cruscotto analogico con le lancette, è come i cellulari con schermo monocromatico e i tasti, il 3310 dei telefoni in pratica. 
Il Virtual Cockpit, invece, è uno schermo LCD da 12.3″, con una definizione altissima, personalizzabile a piacimento con le informazioni che vogliamo: contagiri al centro, a destra la pressione delle gomme, o la potenza, o la forza g, o la coppia, a sinistra il navigatore, oppure navigatore su tutto lo schermo mettendo ai lati le informazioni sulla velocità.
Non l’avevo mai provato prima. Pensavo che il rischio confusione fosse dietro l’angolo e invece no. Sempre chiaro e leggibile in qualsiasi condizione e sopratutto, tutto, è gestibile senza mai staccare le mani.
Realizzo ora mentre sto scrivendo, che durante tutto il tempo passato alla guida non ho mai staccato le mani dal volante per fare qualcosa, perché è tutto a portata di tasto o satellite sul volante, come in una monoposto.
Nei chilometri in uscita dalla città apprezzo inoltre la fruibilità dell’auto, a parte i sedili un po’ rigidi, ma si tratta della versione alleggerita optional, che non sono comunque scomodi. Il motore a bassa velocità nel traffico è quasi silenzioso, soprattutto se si preme il tasto a satellite con gli scarichi, per variarne il sound, che fosse per me sarebbe sempre inserito per sentire la sua voce al massimo.
Il cambio S-tronic 7 marce è perfetto e l’auto è sempre docile. Sembra un ossimoro per una supercar, ma in città e nel traffico l’R8 se la cava benissimo.
E’ una vera signora degli anelli e, non fosse per i Suv che si fermano accanto e fanno accorgere di essere rasoterra, non si penserebbe quasi di essere su una supercar, anche perché di spazio ce ne è da tutti i lati, persino sopra la testa (e sono alto 182cm).
Pensata per la strada. Si lo è. Anche per la città.
Ma progettata per la pista? Voglio percepire l’animo racing di quest’auto, anche se non avrò occasione di testarla su un circuito. Il 50% dei componenti sono integrati dall’auto da gara con la quale è stata sviluppata. Voglio provare l’emozione che l’Audi più potente e veloce di sempre deve dare quando spremuta come si deve tra le curve, sentire il sound che il V10, visibile dall’abitacolo quando mi volto, deve regalare.
Finalmente, man mano che ci si dirige verso la valle il traffico si dirada e sui rettilinei si può premere l’acceleratore. E allora sì che inizio a vedere il DNA da supercar.
Strada libera, giù tutto l’acceleratore. Il motore ha una progressione regolarissima, senza picchi di rabbia; il cambio inserisce le marce con una velocità impercettibile; il paesaggio mi sfreccia a fianco mentre sorrido e le mie pupille si dilatano per l’adrenalina. 0-100 km/h in 3,2 secondi, 0-200 in 9.9 secondi, sono i tempi dichiarati da Audi. 320 km/h la velocità massima. Ad ogni accelerazione resto più stupito e senza parole della precedente.
E il sound…….Se in piena accelerazione è coinvolgente, in scalata lascia a bocca aperta, tanto che non farei altro che accelerare per poi rilasciare e godere dello scoppiettio in scalata.
Quello che gli inglesi chiamano “heargasm”. Il significato originale di Audi, ascolta.
E’ tra le curve dei tornanti della Valle Seriana però dove si capisce davvero che questa R8 è progettata per la pista. E allora: tasto Performance che permette di scegliere tra altre tre modalità di guida:  in questo caso scelgo DRY.
Incollata alla strada senza mai mettere in difficoltà il guidatore. Ha il controllo totale su tutto e in Dynamic è anche possibile fare con il cambio quello che si vuole senza limitazioni, con i paddles al volante che mi sarebbero piaciuti leggermente più grandi e in alluminio. I freni Brembo carboceramici sono la ciliegina sulla torta. Ci si ferma ancora prima che si stia realizzando di star premendo il pedale del freno.
Cambi di direzione, curve, tornanti, buche, nulla la scompone. Lo sterzo è diretto, preciso e coinvolgente, mai brusco nel riallineamento.
L’Audi R8 tra le curve è agile come una piuma spostata dal vento e stabile come Peter Fill campione del mondo di discesa.

Da guidare, da ascoltare. Una vera signora; LA signora degli anelli, che pur essendo solo alla sua seconda generazione ha già raggiunto un’immediatezza sconosciuta a quasi tutte le supercar. 
Il nipote del signor Horoch ci aveva visto giusto.
Audi, ascolta.
Un’orchestra rock in cui tutto suona alla perfezione. Un concerto che si vorrebbe non finisse mai.


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